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Lo Statuto del contribuente entrato in vigore con la legge n. 212 del 27 luglio 2000 è stato emesso allo scopo di tutelare i contribuenti nei confronti del fisco ed è stato oggetto di modifiche negli anni successivi.

Le norme contenute sono volte a chiarire e a regolare gli aspetti fiscali e i rapporti con le amministrazioni finanziarie di controllo. Con il Dlgs 128/2015 in vigore dal 2 settembre 2015, l’art. 10-bis chiarisce la nozione di “abuso del diritto” a danno dell’ordinamento tributario che viene a realizzarsi quando si compiono operazioni prive di sostanza economica attraverso atti inidonei a produrre effetti diversi dai vantaggi fiscali. In sostanza vengono poste in evidenza quelle operazioni che non risultano giustificate da un vantaggio economico per chi le compie se non quello di evitare il pagamento delle imposte. La nuova norma però afferma che l’abuso non è contemplato qualora si cerchino delle soluzioni diverse, sempre nel rispetto della normativa, che prevedono dei risparmi fiscali in termini economici per le compie. La norma quindi non tende ad imporre una linea precisa da seguire, ma garantisce la libertà di scelta del contribuente e non vieta di optare per soluzioni meno onerose dal punto di vista fiscale purché, l’operazione sottostante abbia una valenza economica e non sia architettata con il solo scopo di eludere le imposte. Per fare un esempio: nel caso di cessione del ramo di azienda che comprenda i beni strumentali è prevista una determinata tassazione. In questo caso, anche se fiscalmente lecito, non posso “spezzare” l’operazione e scegliere l’opzione di vendere i singoli beni assoggettandoli all’IVA (tassazione più favorevole) per giungere allo stesso risultato della cessione in “blocco” del ramo d’azienda in quanto appare improbabile sottrarsi a un giudizio di aver agito unicamente per realizzare vantaggi fiscali indebiti.

13-10-2016
LA REDAZIONE DI AVED
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