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Il diritto al contraddittorio nella legge italiana è previsto esclusivamente da alcune norme alle quali di regola gli uffici, unicamente e solo per queste, convocano il contribuente prima di emettere un atto nei suoi confronti. Diversamente è orientata la giurisprudenza comunitaria, secondo la quale, ogni cittadino ha diritto di essere ascoltato prima che venga emesso nei suoi riguardi un atto che possa incidere nel suo patrimonio, da questo principio emerge un obbligo generale in cui viene riconosciuto il diritto al contraddittorio preventivo. I giudici della Corte Suprema, intervenuti più volte su questa tematica, hanno ritenuto in maniera unanime l’applicazione del diritto al contraddittorio in tutte le ipotesi di accesso presso i locali del contribuente mentre per i controlli cosiddetti “a tavolino” permangono molti dubbi sul merito dell’applicazione di questo istituto. L’ultima sentenza delle Sezioni Unite 24823/2015, nel merito, afferma che nel nostro ordinamento non esiste un diritto generalizzato al contraddittorio preventivo, salvo dove non sia espressamente stabilito per legge.

  Tuttavia, nel caso specifico di un pensionato che si è visto arrivare un accertamento da parte dell' Agenzia delle Entrate in merito ad alcune operazioni bancarie transitate su suo conto corrente nel 2015 e delle quali, lo stesso era in grado di spiegare tutto ma non è mai stato contattato dall' ufficio, anche per questa ipotesi, perché operi la sanzione di nullità del provvedimento occorre che il contribuente dimostri che in tale sede avrebbe concretamente potuto produrre elementi difensivi. La Corte di Cassazione con l’ordinanza 17426/2016 conferma questo orientamento per le operazioni cosiddette “a tavolino” ed afferma che in assenza di norme le garanzie previste dall’articolo 12, comma 7, dello Statuto del Contribuente, si applicano solo nell’ipotesi di accessi, ispezioni o verifiche effettuate presso i locali dove viene esercitata l’attività. La sentenza emessa verte su caso analogo a quello del lettore e nello specifico: un avviso di accertamento emesso a seguito di indagine finanziaria dove i verificatori avevano rilevato movimentazioni bancarie non giustificate. Inizialmente il giudice tributario chiamato in causa, per entrambi i gradi di merito, aveva dichiarato nullo il provvedimento emesso dall’Amministrazione finanziaria in violazione dello Statuto del contribuente. L’Amministrazione ha presentato  ricorso in Cassazione ottenendo il ribaltamento del giudizio. Nella sentenza, tuttavia, non emerge un’esclusione del contraddittorio preventivo per gli accertamenti bancari tanto che tale valutazione è stata rinviata al giudice di merito il quale dovrà riscontrare, attenendosi ai principi delle Sezioni Unite, se la norma prevede tale obbligo. Tornando al caso formulato è meglio che lei si rivolga ad un legale per valutare di impugnare il provvedimento emesso nei termini temporali indicati nella lettera.